venerdì 20 settembre 2019

Il venerdì del libro #77 - La fabbrica


La fabbrica

Bruno Sperani

 



"Lotta di classe" al femminile
Bruno Sperani, nom de plume di Beatrice Speraz (1839-1923), volitiva donna dalmata che ha dovuto utilizzare questo artificio per affermare il proprio ingegno femminile in un mondo – quello letterario e creativo – ancora prerogativa quasi esclusiva degli uomini,
Ambientato nel mondo dei cantieri edili milanesi, nel periodo dell’ascesa capitalistica, in questo romanzo breve si narra una storia di speculazione e di sopraffazione camuffata di paternalismo, nella quale il capomastro Piloni – un «imbroglione», «furbo quanto altri mai» – ergendosi a difensore dei suoi operai, in realtà si arricchisce sfruttandone il lavoro e mettendone a repentaglio la vita.
La premessa evolverà in tragedia, lungo una struttura compositiva coinvolgente ed efficace. Lo spazio della rappresentazione è realistico sin nelle scelte toponomastiche: un cantiere di un palazzo in via di costruzione nella zona di Corso Venezia, fulcro del dinamismo economico cittadino al tempo in cui, negli anni Ottanta del secolo, i quartieri intorno all’antico Lazzaretto venivano rapidamente abbattuti per realizzare la nuova fisionomia della metropoli industriosa e moderna, secondo l’immagine celebrata dall’Esposizione industriale del 1881.
Lo scenario su cui si apre il romanzo, con la sua folla di lavoratori, di donne e di bambini, provenienti dai «quartieri lontani» e dai «sobborghi», è quello del Corso di Porta Garibaldi e in particolare nel punto di «quel crocicchio» chiamato per «antica tradizionale abitudine “Il Ponte”» dai muratori senza un lavoro stabile, che qui si fermano nella speranza di venire temporaneamente assoldati per i cantieri edilizi.
La questione ideologico-politica che anima la vicenda narrata dalla Speraz, ha l’intento di sensibilizzare un pubblico eterogeneo, rendendolo indirettamente partecipe e solidale rispetto a un impegno civile dal respiro anche pedagogico. Infatti, un aspetto non secondario è quello dell’educazione femminile, che per la Sperani non poteva essere solo domestica e legata al ruolo familiare.
La fabbrica può dirsi un romanzo ‘corale’, dove in quell’universo popolare spiccano le figure del socialista Francesco Bitossi, del capomastro Lorenzo Piloni e della giovane stiratrice Luisina Terragni, e a Beatrice Speraz va il merito di avere contribuito a costruire quella che Benedetto Croce avrebbe chiamato la ‘letteratura della nuova Italia’, facendosi portavoce di una sensibilità anticipatrice in un periodo di trapasso, che nel secolo ventesimo troverà fecondo sviluppo.

Trasparelena non ricorda dove abbia recuperato questo libro, che ha ritrovato nel Kindle quasi per caso, ma l'ha trovato molto interessante. Un racconto chiaro della Milano del 1800, che non è quella dei suoi nonni, ma quasi, e che le ha ricordato il suo amatissimo prozio Gino, che nel secondo dopoguerra, ma forse anche prima, installava gli ascensori nei nuovi grattacieli milanesi, e della moglie Ada, che appunto faceva la stiratrice.
A parte la questione affettiva, Trasparelena consiglia questo romanzo breve soprattutto perchè racconta la storia delle persone semplici, che non è la politica che si studia a scuola ma che è fondamentale per comprendere un po' di più la cultura in cui sono state prese le grandi decisioni.


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L'educazione è molto apprezzata